Las Vegas e Dubai: due città estremamente lontane e diverse, ma legate
da un comune denominatore, il deserto, e da un comune obiettivo:
dimostrare che anche un paesaggio urbano artificiale può diventare il
motore per lo sviluppo di città metropolitane. Il volume rappresenta
un momento di sintesi per illustrare caratteristiche e dinamiche di
sviluppo di due realtà che nel loro divenire sono riuscite a
rappresentare un fenomeno che va oltre il tema dell’attrazione
turistica o dello sviluppo urbano dei rispettivi territori.
Heiko Schmid, docente presso il Dipartimento di Geografia
dell’Università di Heidelberg, già nella Prefazione sottolinea come la
rapida ascesa di Dubai e lo sviluppo di più antica data di Las Vegas
abbiano messo in evidenza come fossero insufficienti gli approcci
convenzionali di ricerca sui temi del tempo libero e del turismo per
spiegare fenomeni estremi di trasformazione territoriale. Dubai e Las
Vegas rappresentano indubbiamente casi straordinariamente affascinanti
che Schmid ha potuto analizzare grazie a numerosi e lunghi soggiorni
di studio e, soprattutto, grazie all’assistenza e al supporto
economico di istituzioni ed enti di ricerca che l’autore elenca e
ringrazia nella sua prefazione al volume.
Nell’accurata Introduzione l’autore si sofferma sul concetto
dell’urban governance, rivolta ai più recenti approcci alle
riqualificazioni urbane e alla nascita di nuove città. Criticate o
osannate, le trasformazioni di parti di città – dai waterfront ai
festival market squares – in paesaggi della simulazione o in parchi a
tema, fino ad arrivare alla realizzazione di ambienti in cui dominano
la fantasia e l’architettura dell’illusione, costituiscono oggi una
realtà che si sta diffondendo in tutto il mondo, evidenziando come
interessi pubblici e privati coinvolti in operazioni commerciali e
imprenditoriali favoriscano investimenti cospicui in progetti che
rappresentano ormai vere e proprie sfide, anche tecnologiche.
L’autore individua nell’economy of fascination il punto di partenza di
una diversa prospettiva di ricerca, che prevede un approccio
scientifico che combini aspetti fenomenologici, teorie strutturali e
aspetti semiotici, unendo aspetti qualitativi e quantitativi e tenendo
conto anche dell’esito di interviste a protagonisti ed esperti e della
somministrazione di questionari a testimoni privilegiati nelle due
città.
Dopo aver ripercorso le fasi della veloce ascesa di Dubai, da piccolo
villaggio di pescatori a metropoli commerciale mondiale e la
differente storia di successo di Las Vegas, da città del gioco
d’azzardo e dell’intrattenimento per adulti a città turistica per le
famiglie, l’autore analizza attentamente le caratteristiche dei
paesaggi urbani che si sono venuti delineando.
I progetti spettacolari non mancano nella città degli Emirati
Arabi. Dal Burj Al Arab, l’hotel più lussuoso del mondo che, con la
sua forma a vela, è il simbolo della città, alle gigantesche isole
artificiali che stanno trasformando in modo violento la linea di
costa, fino al Burj Dubai, il grattacielo più alto del mondo da poco
ultimato, per non parlare degli shopping malls più grandi e
impressionanti, i progetti in corso sono sempre più giganteschi e
straordinari in una corsa verso primati che hanno finito col
trasformare Dubai in un gigantesco cantiere senza fine, nonostante la
crisi del 2008 abbia inevitabilmente rallentato e bloccato alcune
delle iniziative più impegnative.
Las Vegas, dal canto suo, già alla fine degli anni Sessanta del
Novecento aveva ispirato l’architetto Robert Venturi che, con il suo
gruppo, nell’ormai famoso libro Learnig from Las Vegas aveva
considerato questa città come qualche cosa di vibrante e particolare
da cui apprendere: in un certo senso l’antitesi stessa della città
moderna. È proprio a partire da quegli anni che Las Vegas, nota per i
suoi legami con la mafia e il crimine organizzato che gestiva casinò,
hotel e in genere tutto ciò che aveva a che fare con il gioco
d’azzardo, comincia a trasformarsi. Solo dal 1969, quando una legge
federale liberalizzò il gioco d’azzardo, le grandi compagnie nel
settore alberghiero e del tempo libero, che nulla avevano fino a quel
momento potuto fare per entrare nel mercato immobiliare della città,
iniziarono a investire a Las Vegas in modo rispettabile, anche se non
così semplice sarebbe stato stroncare gli interessi della malavita
sostituendoli con iniziative di pubblica utilità.
Si struttura dunque negli ultimi decenni del Novecento la nuova
immagine urbana caratterizzata da una sorta di tematizzazione degli
hotel che imprimono una nuova dimensione allo Strip, l’arteria
centrale della città. Inizia il processo di «disneyficazione»:
dall’Excalibur al Luxor, dal New York New York al Bellagio fino al
Venice Hotel, in un breve periodo gigantesche strutture alberghiere
trasformano il Las Vegas Boulevard in un themed urban landscape
liberando la città dall’immagine stereotipata di «città della notte»
degli anni Sessanta e Settanta. Le attrazioni che catalizzano
l’attenzione dei turisti in diverse ore del giorno lungo lo Strip
identificano Las Vegas come un mercato di massa carico di eventi e di
attrazioni senza soluzione di continuità e a una distanza percorribile
a piedi. Tutto ciò ha generato un aumento dei posti di lavoro e di
residenti, con un conseguente rapido incremento della popolazione (da
circa 800.000 persone nel 1990 a 2 milioni al 2008).
La parte più interessante del volume è quella che analizza
attentamente il ruolo, gli attori e le alleanze dei differenti tipi di
governo nelle due città. Dall’iniziale potere pressoché assoluto della
famiglia dei principi Al Maktoum, unici proprietari dei terreni a
Dubai, alla crescente presenza nell’emirato dell’imprenditorialità
internazionale e delle società immobiliari coinvolte nelle immense
attività edilizie. Dai gruppi di potere legati alla criminalità della
storia di Las Vegas, alla grande versatilità dei nuovi grandi
investitori che hanno trasformato il paesaggio e il target di
riferimento del turismo della città e che perseguono l’obiettivo di
riorganizzare di continuo il territorio per adattarlo alle sempre
nuove richieste del mercato. I segreti del successo vengono
attentamente studiati dallo Schmid in un continuo passaggio da una
città all’altra quasi cercando di interrompere la corsa verso quella
che definisce la «Hit Parade of Superlatives: Bigger! Faster! Higher!»
per Dubai e «World-famous cities and the wonders of the world, all
within walking distance » per Las Vegas. Non mancano tuttavia lati
oscuri. Dalle conseguenze ambientali alla vulnerabilità economica
della economy of fascination, emergono altrettante criticità legate a
un tipo di sviluppo molto rapido e del tutto particolare che l’autore
affronta con particolare attenzione.
Il risultato della ricerca evidenzia vari parallelismi tra le due
città che possono essere addotti per una discussione conclusiva sulle
nuove forme dell’urbanità. La crescita di uno stile di vita edonistico
corrisponde allo sviluppo delle aree a tema e ai mondi artificiali. Lo
staging of fascination rappresenta anche la crescente
interscambiabilità dei luoghi, che possono essere riprodotti per
esigenze di consumo. In questo senso anche i non-luoghi possono
assumere caratteristiche di autenticità, come a Dubai dove alcuni
spazi tematici sono talmente inventati e fantasiosi da sembrare veri!
La messa in scena sta diventando la norma e corrisponde a una diversa
realtà degli spazi urbani, anche se non si può parlare di un nuovo
modello di themed city.
È interessante riflettere sulle note conclusive di questo volume la
cui lettura è piacevole e i cui contenuti stimolanti. Ricca la
Bibliografia anche se, purtroppo, sono completamente assenti
riferimenti agli studi italiani sull’argomento. Sarebbe
particolarmente utile una traduzione in italiano di questo completo
studio di Heiko Schmid per consentirne una diffusione adeguata anche
tra i nostri studiosi.
Franca Miani
Bollettino della Società Geografica Italiana Serie XIII - vol. III